
Bruno Bellocchi
Indice degli scritti
Il Formaggio
I Viaggi del Cuore
I Santini mai esistiti
I Panorami dell’Anima
Le donne
Una bella estate
Ancora viaggi
La Magia e Me
Una Bella Famiglia
La Primavera
L'Estate
L'Autunno
L'Inverno
La Musica e Me
La Pittura e Me
Vita in Villa
Uomini
Donne
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LA MUSICA E ME
La mia era una famiglia musicale. Già mio nonno era un appassionato dell'Opera ed aveva una invidiabile collezione di dischi del più famosi cantanti. Quei dischi enormi erano custoditi in bellissime custodie piene di fotografie ed erano stati ereditati dai miei, per cui durante gli anni del primo dopoguerra, sfollati in campagna, mia madre li ascoltava con il vecchio grammofono a manovella dei nonni,per la mia delizia di bambino avido di ascoltare e la musica e le trame che la sua dolce voce mi porgeva. Alcune semplici arie le cantavo anche nei concertini di famiglia con la voce ancora bianca ma intonata.Tornati in città incontrai la nuova musica importata dall'America, spesso ballabile, come il boogie-woogie che si mischiava alle canzoni, ancora di moda, degli anni 40. Imparai a ballare con scioltezza, cosa che da allora non ho più dimenticato. Con il liceo arrivò il jazz snodandosi nel tempo da quello New Orleans a quello freddo degli anni dell'università. Già al liceo arrivava massiccia, in regalo,la musica classica. Tutta, in regalo nelle varie occasioni, in particolare da mia madre che si faceva consigliare dai figli e dal genero musicofilo. Intanto alla musica jazz si aggiungeva il samba brasiliano pieno di 'saudade' alla portoghese che mi faceva ballare con elegante disinvoltura. Crescevo intanto musicalmente con una corbeille di flamenco fados gazal persiani edith piaf ed i francesi il sitar indiano il gamelan balinese Mina Battisti Mulligan Chet Baker e Beatles che entravano nelle mie orecchie e nel mio cuore con Puccini e Wagner Debussy Strauss e Mahler con puntate nella dodecafonia e nelle canzoni popolari italiane senza mai dimenticare i grandi dell'ottocento e del settecento. Penso che la musica per me riflettesse la mia anima che di tutta la Creazione voleva e vuole appropriarsi idealmente si, i concerti, l'opera i dischi, ma anche emotivamente, il ballo, i viaggi,gli incontri con persone di tutte le età ed i generi, il canto. Sono sempre stato canterino: voce intonata mi piaceva cantare, specialmente guidando l'auto, per me, ma anche per gli altri specialmente se volevo fare colpo su ragazze o donne. A Napoli ventiduenne avevo conosciuto Chet Baker che, nel night dove si esibiva bello come un angelo, spesso mi invitava a prendere il microfono e cantare canzoni tipo my funny Valentine che riscuotevano qualche successo. Ma non era solo la musica classica, oppure quella jazz o la leggera di classe: anche la musica banale, quella di moda e ballabile mi piaceva e, almeno per quanto riguarda l'evocazione di giovanili ricordi, mi piace ancora.A questo proposito ricordo una serata di giugno nella Napoli degli anni sessanta, di sera, seduti, noi giovani leoni, in un bellissimo bar sul lungomare, a fare attento contorno a Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, arrivò con il mandolino un umile cantante per strimpellare 'Sul mare luccica'. Noi, imbarazzati cercammo di allontanarlo rapidamente per non infastidire gli illustri ospiti. Ma Sartre, accortosi di quanto accadeva, ci fece cenno di farlo continuare, canticchiando il ritornello. Poi a musica terminata,ci tenne una lezione sulla bellezza e la profondità della musica 'banale' che accarezza ed addolcisce l'anima. Io ero, e sono, perfettamente d'accordo con il maestro.